Adattabilità: una nostra alleata per affrontare problemi e sfide complesse
Si racconta che Alessandro Magno, durante la sua epopea verso oriente, si trovò di fronte a una fortezza inespugnabile sulle montagne dell’attuale Pakistan. La roccaforte, situata a un’altezza di oltre 2000 metri, era incastonata tra due picchi ancora più alti con lisce pareti sulle quali non era possibile arrampicarsi; l’unica via d’accesso era un sentiero stretto e impervio che attraversava la gola tra le montagne sino all’ingresso della rocca.Di fronte all’estrema difficoltà dell’impresa e anziché sferrare un attacco o predisporre un assedio, Alessandro si accampò con il suo esercito e convocò una riunione con i suoi generali e i suoi consiglieri.
Il confronto portò a concludere che l’unico modo per conquistare la roccaforte fosse attaccarla dall’alto; a quel punto tutta l’attenzione fu spostata dal come assaltare al come scalare le pareti verticali, lisce come il ghiaccio, per poter raggiungere le vette che spiccavano al di sopra della fortificazione.
Spostando l’attenzione dal problema alla soluzione il team giunse a comprendere che sarebbe stato necessario costruire una serie di appigli progressivi sui quali arrampicarsi; a quel punto Alessandro ebbe l’idea di prendere i pioli, utilizzati per fissare le tende, e piantarli sulla parete in successione, costruendo così una serie di appigli per l’arrampicata. L’anello dei pioli sarebbe servito per farvi passare una fune e rendere così facile e sicura l’arrampicata. Alessandro fece giungere, su una delle vette sopra la roccaforte, un gruppo dei suoi migliori soldati. Dopodiché chiamò il reggente e lo invitò a voltarsi in alto, questi, stupefatto, si arrese e consegnò le chiavi della roccaforte ad Alessandro dichiarando che solo un essere superiore avrebbe potuto far salire i suoi soldati lassù e che egli mai avrebbe potuto combattere contro un dio. Alessandro e il suo team inventarono la scalata in cordata tuttora utilizzata dagli alpinisti per scalare anche pareti all’apparenza impossibili.
La sfida che Alessandro si trovò a fronteggiare può essere paragonata ad ogni ambito di complessità nel quale ci muoviamo oggi: una situazione nuova rispetto a quelle già incontrate, un mutamento improvviso nelle condizioni di contesto, un problema nuovo e inaspettato. Questo tipo di sfide non possono essere superate attraverso schemi e modelli già esistenti che sono stati funzionali in precedenza.
In questo episodio, tratto dal libro Problem Solving Strategico da Tasca (G.Nardone, 2011), troviamo un’efficace esempio di messa in campo dell’adattabilità, quella competenza che ci permette di pensare e ad agire “out-of-the-box” facendo fronte alle nuove situazioni con un approccio innovativo, rimanendo focalizzati verso il nostro obiettivo e modificando le azioni per raggiungerlo, anche quando queste azioni richiedono l’utilizzo di logiche non ordinarie.
Questa storia ci offre alcuni spunti utili per riflettere su questa competenza alla quale 300GRAMMI ha dedicato il mese di marzo e a mettere a fuoco alcuni passaggi per allenarci a sviluppare l’adattabilità e ad utilizzarla come nostra alleata.
Il primo è fare i conti con l’impatto che una situazione nuova e inaspettata ci provoca; questo implica il fatto di ‘accettare’ la realtà; Carl Jung disse: “Non possiamo cambiare nulla fintanto che non lo accettiamo, il rifiuto opprime non libera”. Questa è forse la fase più difficile quando l’evento che ci troviamo ad affrontare non l’abbiamo cercato. In questa fase entra in gioco una forte componente emotiva che scatena pensieri e reazioni naturali, ma spesso controproducenti. La nostra mente entra in uno stato di lotta e lo manifesta lamentandosi e imprecando: “Non si può fare”, “Ma perché questa cosa sta capitando adesso”, “Abbiamo sempre fatto così” e la lista potrebbe continuare.
In questa fase di reazione è importante avere la capacità di auto-osservazione e ascolto per riconoscere le storie che la nostra mente ci racconta e staccarci da esse. Imparando a rimanere aggrappati alla realtà è più facile passare dalla resistenza, fase nella quale siamo bloccati, ad una fase di progettazione di azioni.
Esplorare fatti e raccogliere elementi oggettivi della situazione problematica è funzionale a costruire e individuare un obiettivo che orienti la nostra attenzione verso una situazione nuova e diversa dallo stato presente e ci motivi ad agire.
Così come Alessandro e i suoi consiglieri, di fronte a un problema apparentemente insolubile, hanno prima definito le caratteristiche della situazione e poi si sono trovati ad immaginare quale sarebbe stato lo scenario ideale costruendo una visione obiettivo. Questo procedimento li ha condotti a spostare l’attenzione dalla conquista della roccaforte alla conquista della vetta che avrebbe poi condotto alla conquista finale.
Un altro elemento importante ai fini dell’adattabilità è l’attivare un processo cognitivo multidimensionale che implica allenarsi a:
– conoscere per saper percepire, raccogliere, scomporre e analizzare gli elementi di un contesto;
– osservare, ascoltare e percepire considerando molteplici punti di vista e riuscendo ad andare oltre a ciò che è subito evidente riuscendo a cogliere aspetti che potrebbero essere interessanti;
– utilizzare quanto raccolto per generare così nuovi legami e connnessioni fra gli elementi della situazione;
– vedere una realtà nuova cogliendone una struttura in precedenza sconosciuta e immaginando così punti di arrivo e soluzioni diverse.
Il nostro mindset e il modo di percepire la realtà del nostro cervello possono condizionare i nostri processi cognitivi. “La nostra percezione è la soglia tra ciò che è in noi e fuori di noi. In altre parole, la percezione è una ricezione di informazioni “dall’esterno” che si configura e struttura non per consegnarci un’immagine fedele della realtà, ma per produrre una risposta motoria adeguata allo stimolo che abbiamo elaborato” (Beau Lotto, 2017).
È importante ricordarsi quindi che ciò che appare e che quello che vediamo della realtà, non è tutta la realtà, bensì solo una sua rappresentazione. Dovremmo abituarci a sfidare con assiduità le nostre supposizioni e la nostra visione del mondo: Dove sto guardando? Qual è la prospettiva che mi guida e filtra la mia percezione in questa situazione? Cosa sto escludendo? Qual è la storia che mi racconto? Cosa dicono realmente i fatti?
Un altro modo che ci allena ad uscire dalle nostre cornici percettive per ampliare i nostri orizzonti e ampliare la gamma delle risposte alle situazioni di cambiamento e che ci porta all’ultimo punto che vorrei considerare ai fini di sviluppare adattabilità è il confronto e lo stare in gruppo.
Così come Alessandro Magno ci insegna, di fronte a situazioni complesse e nelle quali abbiamo bisogno di qualità di pensiero non ordinari, c’è bisogno degli altri, c’è bisogno di mettere insieme diversità di approcci e visioni. Imparare a lavorare in team in modo efficace è tutt’altro che semplice, le tue storie e le tue supposizioni sono messe in discussione nel momento in cui incontrano la diversità dell’altro, dagli altri riceviamo feedback che ci aiutano a guardare dove noi non abbiamo guardato e così che nascono nuove opportunità e che il nostro punto di vista si espande regalandoci spazi di possibilità inaspettati.
“Se non puoi cambiare la direzione del vento, allora impara a regolare le tue vele” H.J. Brown
Mascia Alberti
300GRAMMI